“Sazietà e soddisfazione” è la seconda parte dell’articolo scritto con la preziosa collaborazione della Dott.ssa Maria Teresa Valitutti, dietista a Milano e Villasanta (MB).
Se hai perso la prima parte, clicca qui.
Sazietà e soddisfazione
Quando accompagniamo i pazienti nell’esplorare e cambiare la propria relazione con il cibo notiamo spesso la difficoltà nell’avvertire il senso di sazietà. Riprendiamo quindi il discorso dell’articolo precedente soffermandoci su alcuni consigli.
Due consigli per avvertire la sazietà
Mangia lentamente e mastica a lungo
Tra l’inizio del pasto, segnalato dal senso di fame, e la fine del pasto, segnato dal senso di sazietà, c’è un periodo di tempo occupato dalla trasformazione del cibo mediante masticazione e deglutizione. Essendo il meccanismo deputato alla sazietà piuttosto complesso, servono almeno 20 minuti, da quando si comincia a mangiare, affinché al nostro cervello arrivino i segnali dal corpo che poi lui trasformerà nel senso di sazietà.
Per questo, chi mangia più in fretta introduce una maggiore quantità di cibo, nel lasso di tempo necessario ad avvertire il senso di sazietà. Non dobbiamo poi dimenticare che la prima digestione avviene in bocca: chi mangia rapidamente digerisce con più difficoltà. Per tutti questi motivi è importante dedicare il giusto tempo a tutti i pasti, anche a quelli consumati fuori casa.
La ricerca scientifica ha studiato il ruolo svolto, nel raggiungimento della sensazione di sazietà, dal tempo di esposizione al cibo dei recettori sensoriali della bocca e della velocità che abbiamo nel masticare di ingoiare il cibo. Quando rallentiamo la velocità con cui mangiamo, la quantità di uno degli ormoni dell’appetito (grelina) si riduce, mentre uno degli ormoni che trasmettono senso di sazietà (colecistochinina) aumenta con l’aumentare degli atti masticatori.
Quando gli individui che sono abituati a mantenere la loro velocità del mangiare ad un livello costante durante tutto il pasto, ricevono l’istruzione di mangiare più lentamente, il loro senso di sazietà aumenta e l’assunzione di cibo diminuisce: masticare a lungo durante i pasti può aiutare a ingerire in media il 12% di calorie totali in meno*
Mangiare lentamente significa impiegare un tempo ragionevole che va dai 20 minuti a 40 minuti per un pasto. Protrarre oltre questo tempo la durata del pasto (a meno di particolari occasioni conviviali) non ha vantaggi e anzi in certi casi è segno di altre problematiche, non risolvibili tramite la Mindful Eating, che necessitano di essere valutate assieme ad una figura esperta nelle problematiche del comportamento alimentare (psicoterapeuta, dietista, nutrizionista).
Presta attenzione a cosa metti nel piatto
La Dott.ssa Valitutti ci spiega che per garantire il senso della sazietà è necessario fornire al corpo sufficienti quote di energia e nutrienti. Per questo è importante anche il “cosa si mette nel piatto”, avendo cura di fare pasti il più possibile completi in carboidrati, proteine, lipidi e fibra.
Stimolano particolarmente la sazietà i cibi ricchi di grassi, proteine e fibra. Ma anche i carboidrati sono importanti, per cui se cronicamente ne introdurremo troppo pochi il corpo lo percepirà e indurrà una serie di strategie per indurne il consumo (sotto forma di desiderio di dolci o importante consumo di frutta) o ridurne la necessità (abbassamento del metabolismo basale).
Attenzione: il corpo ha ampia flessibilità, ogni giorno utilizza quantità di risorse diverse! (In natura nulla è fisso: si pensi al numero di battiti del cuore). E di certo non possiede una calcolatrice interiore con cui valutare esattamente ciò che gli arriva ad ogni pasto in termini calorie, di macro e micronutrienti. Questo significa che, se a un pasto si mangiano meno proteine e più grassi, o si “saltano dei pezzi”, questo non causerà necessariamente squilibrio.
Inoltre, la varietà alimentare incide sulla regolazione a lungo termine della sazietà. Uno stato carenziale di un micronutriente, per esempio dovuto a scelte cronicamente monotone o a eliminazione prolungata di intere categorie di alimenti, potrebbe generare una continua ricerca di cibo, nonostante i fabbisogni energetici siano stati soddisfatti.
Infine anche l’acqua e una corretta idratazione favoriscono una normale sazietà. La disidratazione, infatti, può essere confusa con la fame di cibo, quando invece è il corpo che sta segnalando bisogno d’acqua.
Ci teniamo a sottolineare che il quantitativo corretto di acqua da bere nella giornata è soggettivo e non vale per nessuna ragione il pensiero “più bevo meglio è”. Soprattutto se lo si fa ai pasti, momento invece al quale è consigliabile bere poco. Meglio bere durante il resto della giornata, a piccoli sorsi.
Quello che conta è come ci si alimenta giornalmente e settimanalmente, per poi avere uno sguardo più ampio nel tempo. Se non si amplia lo sguardo il rischio è quello di fossilizzarsi sui singoli pasti e sulla ricerca spasmodica di controllare e conteggiare i vari nutrienti. Queste strategie non sono per nulla valide sia dal punto di vista scientifico sia da quello comportamentale
Soddisfazione e “fame del cuore”
E se già vi sembra tutto piuttosto complicato parlando di sazietà e pienezza, abbiamo un altro elemento di cui parlarvi, la soddisfazione!
A me piace ricondurla alla “fame del cuore“, quella sensazione di essere connessi o intimi con il cibo e con il mangiare. Quando siamo sereni, in compagnia della famiglia o degli amici, possiamo essere soddisfatti con pochissimo cibo. Spesso, invece, quando siamo nervosi, frustrati, stanchi o arrabbiati non c’è quantità di cibo che ci soddisfi.
La soddisfazione è qualcosa che possiamo avvertire anche come “esperienza nella bocca“, per esempio quando gustiamo un cibo dal sapore intenso e dalla consistenza particolarmente piacevole per noi. O anche quando assaporiamo un piatto che ci ricorda la nostra infanzia o una persona cara.
Infine per essere soddisfatti alla fine di un pasto, non trascuriamo l’importanza di fermarsi e sedersi ad una tavola gradevolmente apparecchiata, piuttosto che mangiare in piedi, di fretta, magari continuando a portare avanti altre attività (guardare il telefonino, rispondere alle email ecc).
Se non dedichiamo la giusta attenzione al momento del pasto, se mangiamo distrattamente senza curaci di ciò che sta succedendo nella nostra bocca e nel nostro corpo è difficile sentirsi nutriti o soddisfatti. Indipendentemente da quanto possa essere gustoso, nutriente e abbondante il cibo che stiamo ingerendo
Punta sulla soddisfazione…non solo con il cibo
Per concludere vorremmo sottolineare la complessità della nostra relazione con il cibo: sazietà, pienezza, soddisfazione sono tante sfaccettature di un’esperienza ricca e variegata.
Non sempre essere sazi decreta inequivocabilmente il momento in cui smetteremo di mangiare, qualche volta forse andremo alla ricerca di una sensazione di soddisfazione che ci sembra ancora lontana. Magari perché non abbiamo dedicato il giusto tempo ed attenzione al pasto, mangiando di fretta, senza prestare particolare cura nella scelta dei sapori e tantomeno alla nostra tavola.
Ma altrettanto spesso cerchiamo nel cibo una soddisfazione o un rimedio per qualcosa che in realtà con il cibo non ha molto a che fare. E’ quindi importante prenderci po’ di tempo per diventare consapevoli di questi meccanismi ed impegnarci a soddisfare i nostri bisogni prendendoci cura di noi e delle nostre emozioni.
*Jie Li et al (2011), Improvement in chewing activity reduces energy intake in one meal and modulates plasma gut hormone concentrations in obese and lean young Chinese men – The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 94, Issue 3, September 2011, Pages 709–716
Photo by Toa Heftiba on Unsplash