Non giudicare il tuo cibo e nemmeno quello altrui. Perchè? lo vediamo assieme in questo breve articolo.
Uno dei capisaldi della Mindfulness è il “non giudizio”: non giudicare significa osservare, prendere atto delle cose così come stanno senza mettere in atto una valutazione. Buono, cattivo, mi piace, non mi piace, va bene, non va bene, è una cosa cattiva, inaccettabile, gradevole …sono alcuni dei giudizi che quotidianamente usiamo.
Nella Mindful Eating veniamo invitati a sospendere i nostri giudizi sul cibo, sul corpo e sul comportamento alimentare; siamo cioè invitati semplicemente a portare attenzione ai pensieri che abbiamo riguardo al cibo (es. “devo mangiare questo, non devo mangiare quello”), alle nostre emozioni (come mi sento di fronte a particolari alimenti o situazioni) e ai comportamenti e abitudini. Senza giudicare, senza dare valutazioni di valore o piacevolezza.
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Il giudizio sul cibo deriva dalla credenza che ci sia un unico modo giusto di mangiare, sia per controllare il peso che per restare in salute.
Avere un’idea rigida di come si dovrebbe mangiare porta ad una netta divisione tra “cibi giusti” e “sbagliati”; ciò, però, non tiene conto della complessità del comportamento alimentare e può portare a sensi di colpa quando si desidera o si “cede” ad un “alimento sbagliato”
Cosa accade quando abbiamo un approccio rigido e giudicante verso il cibo?
Succedono essenzialmente due cose:
- perdiamo il controllo: più teniamo un cibo sotto controllo, più diventa il nostro “sorvegliato speciale” e più il desiderio di mangiarlo aumenta rendendolo più accattivante;
- trasliamo il giudizio dal cibo alla nostra persona: se mangiamo un “cibo cattivo” , siamo anche noi stessi “cattivi”, se non resistiamo, siamo deboli etc…
Non giudicare il cibo degli altri
Vorremmo anche sottolineare l’impatto che questo modo di pensare giudicante può avere sulla relazione con gli altri.
Giudicare come gli altri mangiano sulla base dei nostri criteri o dedurre le caratteristiche di una persona da una foto di ciò che ha cucinato pubblicata su un social o da quello che ha messo nel carrello, alimenta soltanto stereotipi che ledono noi stessi (perché rafforzano le credenze disfunzionali sul cibo) e possono far soffrire gli altri.
Sono tante le ragioni che portano le persone a fare determinare scelte in ambito alimentare: culturali, organizzative, di gusto, economiche, di salute ecc. E da esse non dipende assolutamente il valore di un essere umano.
Per essere più chiari: se una persona non mangia “come noi”, non vuol dire che “mangi male” o che valga di meno e che stia trascurando il suo benessere e la sua salute…Proprio perché, come dicevamo, non esiste un unico modo giusto, valido per tutti.
Inoltre se chi abbiamo di fronte soffrisse di un disturbo alimentare, il nostro giudizio potrebbe scatenare una reazione pericolosa.
Invece di esprimere un giudizio, osserviamo i nostri pensieri così come sorgono ed esercitiamo un atteggiamento di accoglienza e curiosità verso le nostre scelte e quelle altrui.
Queste riflessioni sono nate da un piacevolissimo scambio di idee con la dietista Dott.ssa Veronica Bignetti.