Essere attenti a quello che si mangia è ormai un atteggiamento molto diffuso a tal punto che il cibo può diventare, per alcune persone,un’ossessione.
L’enfasi con cui nella nostra società si parla di cibo, alimentazione e dieta, ci sta però portando a sviluppare un rapporto ansioso con il cibo, rafforzando l’idea che la perdita di peso e il cibo “sano” rappresentino la ricetta per vivere bene, a lungo e avere successo personale.
Questo ci sta allontanando da un rapporto genuino e immediato con il nostro corpo ed i suoi bisogni, spingendoci verso atteggiamenti rigidi, perfezionismo e ricerca del controllo.
L’influenza dei mass media
Siamo bombardati da una enorme quantità di informazioni, a volte anche contraddittorie, rispetto all’alimentazione. Proliferano mode, filosofie e correnti diverse su cosa, quanto e come mangiare! Si parla di “alimentazione sana” o “pulita”, di biologico, di agricoltura sostenibile, di diete di ogni tipo; ci si preoccupa senza sosta per i cibi spazzatura, quelli troppo elaborati, quelli pieni di grassi…
È un po’ come se il cibo fosse diventato quasi una ossessione collettiva!
Gli effetti psicologici della restrizione alimentare
Per restrizione alimentare si intende una riduzione dell’apporto calorico, più o meno duratura nel tempo e più o meno rigida.
Qualsiasi tipo di restrizione alimentare crea, per motivazioni di carattere fisiologico, una predisposizione organica per una successiva iper-alimentazione. Questo succede perché la restrizione provoca un aumento dei livelli di grelina (ormone prodotto dallo stomaco in condizione di digiuno) e delle onde peristaltiche prodotte dallo stomaco. Entrambi questi aspetti hanno come conseguenza sia un aumento del senso di fame che il continuo pensiero del cibo.
Altri effetti della restrizione alimentare sono l’ipoglicemia (che causa confusione, mal di testa e stanchezza, irritabilità, sonnolenza, tremore) e carenze vitaminiche e di sali minerali (presenza di crampi, tachicardia, vertigini…)
Dal punto di vista psicologico la restrizione alimentare si accompagna spesso al pensiero costante verso quei cibi che si etichettano come vietati. Questo succede a causa delle modalità di funzionamento della nostra mente: quando ci vietiamo qualcosa, questo qualcosa diventa un “sorvegliato speciale” e come tale, deve essere osservato, rimanendo quindi al centro della nostra attenzione.
“Non posso mangiare la cioccolata, devo stare attenta a non mangiarla, a non cedere al desiderio di mangiarla...”
E così ci penso continuamente!
Quanto più rigidamente attuiamo il controllo alimentare, tanto più la nostra mente diviene ossessionata proprio dai cibi che ci vietiamo!
In queste circostanze rivolgersi soltanto ad un nutrizionista, può avere come conseguenza quella di esasperare questo meccanismo, aggiungendo altro controllo lì dove proprio il controllo rappresenta il problema.
Tornare ad essere liberi
Come si fa ad uscire da questi circoli viziosi? Una strada efficace è senz’altro rappresentata dalla Mindfulness applicata all’ambito dell’alimentazione, cioè la Mindful Eating. Questo approccio si propone come via per uscire dalla battaglia col proprio peso corporeo e dal circolo vizioso tipo yo-yo che caratterizza l’acquisto e la perdita di peso.
La Mindful Eating non prescrive cosa e quanto mangiare, ma piuttosto ci accompagna verso la scoperta di cosa mangiare e come mangiarlo in un modo che ci faccia sentire bene, non perseguendo l’obiettivo della perdita di peso, ma piuttosto quello del benessere personale.
Per saperne di più sulla relazione con il cibo e la Mindful Eating puoi visitare la sezione dedicata del mio sito cliccando qui