Evitamento e protezione nella Sindrome del Colon Irritabile

Evitamento e protezione nella Sindrome del Colon Irritabile

I comportamenti di evitamento e di protezione rappresentano importanti fattori di mantenimento del problema nelle persone che soffrono di Sindrome del Colon Irritabile: vediamo meglio di cosa si tratta.

Sindrome del Colon Irritabile: che cos’è e come si cura

La sindrome del colon irritabile (Irritable Bowel Syndrome – IBS), meglio conosciuta, come «colite» o «colite spastica», è un disturbo caratterizzato da dolore addominale e alterazioni della funzione intestinale, che compromette in modo significativo la qualità di vita di chi ne soffre.

Quando un cambiamento nella propria alimentazione non allevia la sintomatologia e la qualità di vita della persona continua ad essere limitata, può essere utile rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Spesso, infatti, diverse variabili cognitive e comportamentali hanno un ruolo importante nel mantenimento del problema.

Fattori precipitanti nella Sindrome del Colon Irritabile

In un precedente articolo (“Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e Sindrome del Colon Irritabile”) ho messo in luce il ruolo dei circoli viziosi che caratterizzano questo disturbo, descrivendo i due principali fattori precipitanti degli episodi di colite: l’attenzione selettiva sulle sensazioni corporee e una successiva interpretazione catastrofica di queste sensazioni. Per attenzione selettiva si intende il focalizzarsi sulle sensazioni che provengono dalla propria pancia, che porta la persona a percepire anche il minimo movimento o rumore proveniente dai visceri.

Percepita una sensazione viscerale la persona automaticamente la interpreta come legata al proprio problema intestinale e si manifestano pensieri negativi e catastrofici che diventando fonte di intensa ansia e aumentano ulteriormente i sintomi intestinali.

Comportamenti di evitamento e protezione nella Sindrome del Colon Irritabile

Quando una persona sperimenta ripetutamente la situazione sopra descritta inizia a mettere in atto dei comportamenti di evitamento, vale a dire evita situazioni, luoghi e circostanze in cui i sintomi potrebbero verificarsi.

Le persone che soffrono di IBS spesso evitano situazioni sociali, ristoranti, pub e luoghi di aggregazione. Preferiscono non dover percorrere lunghi tragitti o prendere determinate strade. Evitano mezzi di trasporto pubblico così come indossare abiti stretti. Non amano bruschi cambiamenti di programma e anche andare in vacanza per loro può rappresentare uno stress da evitare.

Per aproffonidire le dinamiche psicologiche coinvolte nella Sindrome del Colon Irritabile puoi leggere anche “Sindrome del colon irritabile”

La percezione catastrofica delle sensazioni viscerali porta a mettere in atto anche i cosiddetti comportamenti protettivi, vale a dire azioni finalizzate proteggersi/tutelarsi circa la possibilità di andare incontro ad un episodio di colite. Per esempio: decidere di mangiare solo alcuni cibi ed in piccole quantità prima di un certo impegno ritenuto “pericoloso” e assicurarsi adeguato riposo (eccessiva rigidità nell’orario in cui “si deve” andare a dormire). Andare in bagno sempre prima di uscire o a intervalli regolari, portare con sè farmaci per la diarrea. Mappare il percorso che si dovrà fare per assicurarsi di avere un bagno a disposizione. Sedersi in una posizione comoda per raggiungere il bagno (es. al cinema o al ristorante).

Spesso mi capita di condividere questa riflessione con i pazienti: è la pancia che decide cosa si può fare o non si può fare!

Su cosa si focalizza la terapia?

Assieme al paziente vengono identificati sia i comportamenti di evitamento che quelli protettivi, mettendone in luce gli effetti limitanti sulla qualità di vita e il ruolo che essi hanno come fattori di mantenimento del problema.

Entrambi questi comportamenti, infatti, ostacolano la remissione dei sintomi o addirittura li incrementano. Vengono messi in atto in modo più o meno consapevole nel tentativo di fronteggiare la paura e l’ansia, ma di fatto rinforzano l’idea di non riuscire a “controllare” la propria pancia.

Il passo successivo è quello di pianificare graduali esperienze di esposizione, in cui il paziente mano a mano abbandona i comportamenti protettivi e di evitamento adottati per sentirsi al sicuro e affronta le situazioni ritenute pericolose.  Le esposizioni si configurano come homework e sono solitamente impegnative per il paziente. Si tratta di “esperimenti comportamentali” le cui modalità vengono  concordate con il terapeuta. Sono molto importanti affinchè la persona possa sviluppare un senso di auto efficacia e sicurezza personale.

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