L “emotional reasoning” è un meccanismo psicologico per cui gli esseri umani tendono a utilizzare il proprio stato affettivo, più che le evidenze, come informazione saliente per esprimere valutazioni e giudizi sul mondo e/o prendere decisioni.
Ve ne parlo non a caso, ma perché mi sono resa conto che in questi giorni di preoccupazione per la situazione che stiamo vivendo, io l’ho usato assai spesso. Mi spiego: mi sono accorta che a fronte dello stesso quadro oggettivo, la mia percezione della “gravità” della situazione e le mie idee sul da farsi, variavano in funzione di quanto mi sentissi attivata dall’ansia.
L’ “emotional reasoning”è un buon modo di ragionare?
In realtà come ci dicono molte ricerche, non si tratta di un gran bel modo di ragionare perché fallace. Tra i tanti, Arnts e colleghi* hanno visto che persone con disturbo d’ansia tendono ad inferire la presenza di un pericolo, a partire dal proprio stato affettivo-emozionale negativo, ovvero dall’ansia (“If I feel anxious, then there must be a danger”).
L’emotional reasoning sembra infatti attivare un circolo vizioso in cui lo stato emozionale (ad esempio, paura, ansia, etc.) viene utilizzato per validare erroneamente pensieri e credenze relativi alla presenza di pericoli o impedimenti, i quali a loro volta amplificano l’emozione di partenza, e così via. La propensione al ragionamento emozionale, rappresenta in questo senso, un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi d’ansia.
Il discorso potrebbe ovviamente essere molto più approfondito…ma vi capita mai di diventare osservatori curiosi del vostro “modo di funzionare”? Avete mai notato in voi il “ragionamento emotivo”?
*Arntz A., Rauner M. e van den Hout, M. (1995), “If I feel anxious, there must be danger“: exconsequentia reasoning in inferring danger in anxiety disorder, in “Behaviour Research and Therapy”, 33, pp. 917-925
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