L’attività fisica fa davvero bene a tutti?

L’attività fisica fa davvero bene a tutti?

L’attività fisica fa davvero bene a tutti? è una raccolta di voci e punti di vista non scontati. Qualche settimana fa abbiamo parlato, grazie anche al contributo di Beatrice Baldi, insegnante di Yoga, personal trainer e studentessa di psicologia, della relazione che le persone instaurano con l’attività fisica, dando spazio anche a qualche testimonianza di esperienze personali. Per leggere il precedente articolo clicca qui.

Era già da tempo che pensavo ad ampliare ulteriormente il discorso affinché fosse meno stereotipato e più inclusivo di tutte le possibili situazioni di vita. Perché il classico “Muoviti e vedrai che poi dopo starai meglio” negli ultimi anni ha iniziato a suonarmi un pochino poco reale e anche deleterio per alcune persone che potrebbero sentirsi sbagliate, pigre, incapaci…

La spinta ad andare avanti nel discorso mi è arrivata dalla testimonianza di una persona per cui l’attività fisica non è mai stata fonte di benessere o gratificazione. Pur avendo provato di tutto, dopo la sessione di allenamento, qualunque esso sia, questa ragazza si sente così stanca da stare male e da non riuscire a portare avanti gli impegni della giornata (lavoro, cura della casa e dei figli ecc). E so per certo che non si tratta dell’unica persona sulla faccia della terra ad avere una difficoltà più o meno simile…

Ma allora l’attività fisica fa davvero bene a tutti? o ci siamo dimenticati qualche sfaccettatura della questione? Per darvi un bel quadro completo ho deciso di farmi aiutare: troverete qui diversi contributi! Buona lettura.

Attività fisica e dolore cronico

Paragrafo scritto da Laura, se frequentate Instagram la trovate come @DaOggi

Nell’intricato mondo del dolore cronico e nella ricerca costante di un po’ di sollievo per vivere una vita dignitosa si inserisce sempre e dico sempre una frase: “Anche se stai male e hai dolore devi fare attività sportiva“.
Forse non ci rendiamo conto che quando si inanellano una serie di sfighe meglio note in ambito medico come comorbilità, la questione non è così semplice.

Trova il tuo equilibrio, piuttosto che cercare l’attività miracolosa 

Prendo spunto dalla mia esperienza, alle prese con fibromialgia, endometriosi, vulvodinia, nevralgia del pudendo, per svelarvi un segreto: ci sono periodi nei quali non ci si regge in piedi e non si riesce ad alzare nemmeno un chilo. Attenzione a non cominciare con la solita manfrina della pigrizia, vizio capitale del quale spesso veniamo tacciati; io ho sempre adorato lo sport, ma ho capito col tempo che ogni persona deve trovare il suo equilibrio senza l’assillante visione miracolosa del nuoto, yoga e pilates.

Spesso i movimenti dovranno cambiare a seconda dell’andamento delle patologie senza lo stress di una attività obbligatoria e automatica che potrebbe generare la frustrazione del non riuscire. Nel mio caso la soluzione è stata farmi seguire da un fisioterapista, gli esercizi mutano sempre e mi consentono di vivere con naturalezza i miei limiti e le mie esigenze.

Generalizzare non aiuta proprio nessuno!

Paragrafo scritto da Sara Beduschi, se frequentate Instagram la trovate come @educatricesarabeduschi

TV accesa in sottofondo, io nel mentre sto sul divano chattando al telefono come le mie amiche spoonie… A un certo punto, la mia attenzione viene catturata da un’attrice che durante un gioco a premi se ne esce fuori dal nulla con questa frase “Mangia sano e fai stretching!”. La mia immediata reazione è di tirare fuori un “vaffa” ad alta voce senza riserve. Avete mai provato a fare movimento con i nervi in fiamme, gli organi pelvici in subbuglio e una quota risicata di energie? Ah, no? Ecco, motivo in più per evitare di generalizzare pensando che a prescindere ci siano attività che tutti debbano fare sempre e comunque. Un altro leitmotiv dei professionisti è: “Vedrai che se ti muovi starai meglio, il movimento libera endorfine!”….sì tutto molto bello e magari anche scientificamente provato ma…nessuno pensa mai alla quota di energie della quale ciascuna persona dispone? Ci sono frequentemente giornate in cui, soffrendo di dolore cronico, l’unica opzione che ho è scegliere se rimanere a letto o rimanere a letto.

Nei giorni in cui va meglio c’è tutto il resto delle cose rimaste in sospeso da recuperare e le energie finiscono velocemente. Molte persone che soffrono di dolore cronico si svegliano la mattina con la metà (o anche meno) delle energie delle altre persone. Quale può essere la reale aderenza terapeutica ad una “prescrizione” di questo tipo “Vai in piscina, fai yoga, fai psicoterapia, prendi i farmaci, mangia sano e vedrai che tutto andrà per il meglio” ? Rispondo io per voi: l’aderenza terapeutica sarà scarsa perché molte persone non avranno né le energie, né il tempo e tantomeno il denaro per fare tutte queste cose. Dobbiamo ripartire da una cosa semplice quanto ignorata: non c’è una formula uguale per tutti.

La salute non si promuove a colpi di vergogna e rigidità

Paragrafo scritto da Sara Colognesi, psicologa e psicoterapeuta

“La pigrizia non esiste” è un libro del collega Devon Price che continua ad echeggiarmi dentro. Chi non pratica movimento e attività fisica viene bollato come pigro. Price sostiene che la pigrizia con la sua accezione negativa esiste solo in un contesto, come il nostro, capitalista, abilista, grassofobico, neurotipico.

Se c’è una condizione di malessere, questa via imputata alla pigrizia e in automatico diventa una colpa della persona.

Sono innegabili i benefici del movimento e dell’attività fisica, in qualsiasi sua forma e declinazione. Ma sono innegabili anche tutte le esperienze di persone che quella attività fisica non riescono, non possono e non vogliono praticarla.

L’attività fisica è sempre un fattore protettivo per la salute?

L’attività fisica e il movimento sono un fattore protettivo della salute. Se, però, sono imposte e utilizzate come mezzo per provocare vergogna (e questo è il fine ultimo del definire una persona “pigra”) allora smettono di avere la loro funzione protettiva e rischiano di diventare l’ennesimo stressor. La salute non si promuove a colpi di vergogna e rigidità.

Vorrei essere una professionista della salute che favorisca l’autodeterminazione delle persone. Per fare questo è necessario dare spazio alla complessità delle esperienze che incontriamo. Ciò implica stare più scomode nei panni professionali, perché ci costringe ad uscire dai protocolli. Ma se dalla scomodità arriva la possibilità di cambiamento allora forse è utile che scomode ci stiamo noi prima ancora che i nostri pazienti.

Attività fisica: è possibile ampliarne la visione?

Paragrafo è stato scritto da Beatrice Baldi

Avere una visione chiara e precisa di cosa possa essere definito attività fisica sembra apparentemente più comodo; fa parte del nostro bisogno, in quanto esseri umani, di classificare tutto all’interno di scatole ben delimitate. Tuttavia, queste scatole, che catturano la nostra attenzione per la loro bella confezione e ci danno l’impressione di un mondo prevedibile e sicuro, in realtà sono proprio ciò che ci impedisce di vivere la naturale mutevolezza della vita. Succede quindi che nel tentativo di rientrare in queste scatole, perdiamo di vista il rispetto dei nostri bisogni nel momento presente.

Pensare ad un’attività fisica che sia più inclusiva significa proprio immaginare di poter lasciare che sia l’intento benevolo nei confronti del nostro corpo a guidarci nella scelta di ciò che in questo momento fa per noi e ciò che non fa per noi.

Lo Yoga ci invita, ancora prima che a svolgere le posizioni fisiche, a seguire la Non Violenza – ed è proprio questo che facciamo quando ascoltiamo i nostri bisogni, anche nell’attività (o nella non attività) fisica. Ci è stato ripetuto talmente tante volte che se non ci forziamo a fare qualcosa siamo pigri o svogliati (e quindi per questo “da meno”) che abbiamo perso totalmente fiducia nella nostra capacità di autoregolarci.

Se ci pensiamo però, tutti in fondo desideriamo stare bene – e tutti intuitivamente abbiamo l’abilità di sapere cosa è bene per noi, MOMENTO per MOMENTO. Forse il movimento fisico quindi è meno una questione di forza di volontà e più una questione di ritornare ad ascoltare quella voce gentile che vive in noi e che ci incoraggia a scegliere ciò che è benevolo nei nostri confronti. A volte avremo magari bisogno di una guida per accompagnarci lungo questo percorso di riscoperta, ma ciò non significa che quella voce non esista dentro di noi.

Un approccio gentile e non violento all’attività fisica

Come di traduce tutto questo? Nel ricordare che è il movimento fisico che si adatta al nostro corpo e non viceversa.
E che il movimento fisico è solo un tassello nel grande quadro che è l’equilibrio che possiamo trovare nella nostra quotidianità, in diverse fasi della vita.
Inoltre, il movimento fisico non è solo quello che appare all’esterno ma sono anche gli innumerevoli moti fisiologici ed energetici che avvengono all’interno del corpo – ci avevi mai pensato? Forse allora anche il tuo respiro profondo e intenzionale, che avviene grazie ai muscoli della respirazione, può essere considerato movimento fisico?

Proviamo a liberarci da questa scatola stretta e abbracciamo una visione più ampia di movimento fisico, una che parta sempre dall’intenzione che ci spinge. Perché lo sto facendo? In questo momento, è realmente benevolo nei miei confronti?